martedì 1 settembre 2015

La vivisezione di Ignazio Marino

 Ignazio Marino di nuovo in  Italia? Vale   la pena ricordare il passato di cui è orgoglioso, con un suo articolo apparso sull'Espresso e la mia replica, rimasta senza risposta.


Non c'è parola, in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perchè della loro morte, Elsa Morante.
Gent. Senatore Marino,
in merito al suo intervento “Diciamo grazie a un babbuino” a cui l’Espresso ha ritenuto di dare tanto spazio, evito di entrare nel  merito delle sue affermazioni scientifiche,  per le quali non ho titoli, ma su cui ho comunque informazioni diverse sulla base delle tesi, opposte alle sue, di medici e biologi antivisezionisti  e autorevoli riviste scientifiche che, con argomentazioni incalzanti, definiscono
“falsa scienza” la vivisezione. 
Mi permetto invece alcune osservazioni di tipo etico, che non solo non prescindono dal rispetto che è dovuto alla sua persona per la forza di altre battaglie, ma a questo si appellano. Proprio sulla base di posizioni forti da lei assunte in altri campi, risulta in primo luogo incomprensibile il suo passivo  riferimento alle regole internazionali (“Rigorose regole internazionali vietano….”): in altre situazioni  lei sostiene che, quando le regole sono sbagliate, vanno combattute, non accettate come dogmi. Il principio di autorità non può essere invocato o attaccato a seconda dell’utilità che ne deriva alle proprie tesi.
Sorprendenti sono poi le  sue argomentazioni del tipo abbiamo percorso una strada sbagliata (alias: abbiamo ucciso un numero che preferiamo non precisare di animali) ma non rinnego nulla: non rinnega nulla??? Non crede che la leggerezza di cui si circonda esentandosi da sensi di colpa, l’ assenza di una adeguata riflessione critica sugli errori commessi, la serena indifferenza al dolore sordo e senza remissione degli animali  sia un ulteriore insulto al male che loro hanno dovuto subire?
E davvero è consono alla sua natura, quella della comunicazione diretta e franca che in altre occasioni ha mostrato,  parlare di “sacrificio” animale? Non crede sia solo auto difensivo attribuire un alone di sacralità all’uso di animali sottoposti ai peggiori tormenti immaginabili da parte di persone incuranti della loro sofferenza, della loro impotenza, dei loro disperati tentativi di sottrarsi a ciò che nessuno potrebbe sopportare? Che cosa c’è di sacro in tutto questo? Sacrificio è  parola davvero inidonea: e visto che chiamare le cose con il loro nome è doveroso se non si vuole mistificare la realtà, vale credo la pena di ricorrere a  termini più corretti: suggerirei tortura.
E che dire di quell’”eppure”, in grado di ribaltare una tesi “Il rispetto per ogni essere vivente è un dovere, EPPURE i test su animali….”: quindi basta una presunta necessità per scardinare un principio etico fondamentale: è questo quello che pensa?
Ancora: a proposito delle sue argomentazioni sulla perdita del lavoro che sarebbe indotta dallo smantellamento dei laboratori: per analogia si sentirebbe di osteggiare la sospensione della produzione di armi (industria italiana dal grande indotto) dal momento che  potrebbe avere analoghe conseguenze?
Quando passa al contrattacco accusando di mancanza di coerenza chi si oppone alla vivisezione senza abbracciare un’alimentazione vegana, ha di certo ragione: di questo ognuno deve rispondere  a se stesso e prima ancora agli animali che non si astiene dal mangiare: la strada è aperta e le speranze crescono per il diffondersi di una sensibilità nuova. Ciò non toglie che un’argomentazione che ha in sé la sua giustificazione non perde rilevanza a causa della possibile incoerenza di chi la sostiene.
Un pietoso velo di silenzio vale la pena di stendere, poi, su quella percentuale dell’86% di italiani che lei riconosce  contrari alla vivisezione: non è quello della maggioranza il principio cardine della democrazia che i politici dovrebbero rispettare?!?
In sintesi, senatore Marino, qualunque etica che si fermi ai confini dell’umano è a mio avviso incompleta, povera, insufficiente a definirci come rispettosi degli altri.  Non diciamo perciò grazie al babbuino che lei ha ucciso: prostriamoci se mai, per quello che può servire, a chiedergli scusa. Annamaria Manzoni